Nell’estate 1985 i club della Serie A, ritrovatisi a far fronte alle partenze di  Zico, Sócrates e Falcão,  gli assi brasiliani che avevano vivacizzato i precedenti campionati, reagirono con una imponente mole di scambi interni.

Nei pronostici, la griglia-scudetto vedeva in prima fila un terzetto composto dal Verona di Osvaldo Bagnoli, detentore del titolo, dalla sempre più solida Sampdoria di Eugenio Bersellini e dall’Inter di Ilario Castagner. A differenza di scaligeri e blucerchiati, entrambi non segnalatisi per acquisti di rilievo, i nerazzurri calamitarono le attenzioni degli addetti ai lavori attraverso gli ingaggi di Fanna e Marangon dai succitati gialloblù, nonché del big Tardelli strappato alla Juventus in cambio di un conguaglio che comprese il giovane attaccante Serena il quale, avendo trascorso la precedente stagione in prestito al Torino, cambiò maglia ma non città.

Proprio la squadra bianconera, fresca campione continentale, dopo un decennio ai vertici non godeva stavolta dei favori della vigilia, anche per via della scelta di portare avanti un corposo svecchiamento dei ranghi: alla cessione di Tardelli seguirono quelle di altri nomi altisonanti quali Paolo Rossi, unico acquisto di un Milan in cerca di solidità finanziaria, e Boniek, accasatosi alla Roma, oltre a Vignola di ritorno nella natìa Verona; una serie di addìi che fecero spazio al succitato Serena, a Mauro dall’Udinese e alla coppia Laudrup Manfredonia dalla retrocessa Lazio, con il danese approdato definitivamente a Torino dopo un prestito biennale ai capitolini.

Per farla breve, partiamo in campionato con otto successi consecutivi (record storico uguagliato), e chiudiamo il girone di andata con 26 punti su 30 (anche questo record) non facendoci neanche distrarre dall’impegno di coppa Intercontinentale, coppa  vinta ai rigori a Tokio Contro l’Argentinos Juniors a Tokio dopo epica battaglia.

Nel girone di ritorno però rallentiamo, emerge alle nostre spalle la Roma di Sven-Göran Eriksson che a due giornate dal termine ci aggancia in testa alla classifica. Arriviamo pertanto al 20 Aprile, dove affrontiamo il Milan in casa e la Roma gioca all’Olimpico contro l’oramai retrocesso Lecce di Eugenio Fascetti, l’inerzia del Campionato pare aver preso la via di Roma sponda Giallorossa. Sembra una sfida già segnata, insomma quella contro i Salentini in un Olimpico gremito e fiducioso del buon esito, anche perchè dopo appena 7 minuti la Roma passa in vantaggio con un gol di Graziani. L’Olimpico è già in festa, ma a quel punto si scatena il Lecce che colpisce 3 volte con Alberto Di Chiara, “Beto” Barbas su rigore (atterramento di Pasculli) e ancora Barbas.Inutile il gol di Pruzzo nel finale, che arriva ormai troppo tardi. 

Al Comunale invece nonostante l’incitamento della Filadelfia, seguito dal resto dello stadio eccitato dalle notizie del vantaggio Leccese che arrivavano via radiolina, non riuscivamo a passare nonostante il forcing e le molte occasioni create. Quando finalmente Laudrup nella ripresa riusciva a battere Terraneo un boato di gioia ha scosso le fondamenta dell’impianto Torinese. Con trepidazione arrivammo così alla fine dell’incontro, festa grande in campo e fuori, lo scudetto per l’ennesima volta era ad un passo da essere conquistato. Ironia della sorte proprio a Lecce una settimana dopo.