20 OTTOBRE 1982 SPARTAK MOSCA / HARLEM
Il 20 ottobre del 1982 allo stadio Luzhniki di Mosca (allora “Lenin”) persero la vita 66 tifosi (ma la cifra non ufficiale è 350), travolti dalla calca all’uscita dalla tribuna C dopo il fischio finale dell’incontro di Coppa delle Fiere tra lo Spartak Mosca e gli olandesi dell’Harleem.
La partita si concluse con il risultato di 2-0 a favore dello Spartak.
Secondo la versione ufficiale, dopo il secondo gol, segnato a tempo scaduto, la gente che era già uscita sentendo il boato dello stadio, tornò di prepotenza sulle scale per rientrare negli spalti.
Lo scontro fra le due ondate, di chi usciva e di chi voleva rientrare, originò la tragedia.
In questo articolo, Oleg, un soppravvissuto alla tragedia, racconta l’accaduto dal punto di vista di chi c’era, facendo luce sulle reali circostanze che portarono alla tragedia, a cominciare dalla decisione dei tutori dell’ordine pubblico di stipare i tifosi in due tribune sulle quattro disponibili, e dal motivo per cui migliaia di persone vennero fatte uscire da una sola porta.
20 Ottobre – HARLEM
Fin dal mattino ero di buon umore, nonostante il tempo. Per prima cosa perché il giorno prima avevo festeggiato il mio compleanno e poi perché la sera c’era la partita di coppa UEFA con gli olandesi. Le sfide europee per noi erano sempre qualcosa di speciale. C’era grande attesa, volevamo far vedere a tutta l’Europa il valore dello Spartak.
La squadra di mister Beskov in quegli anni poteva giocarsela con ogni avversario, senza distinzioni di rango. Del resto, se avevamo battuto l’Arsenal nel turno precedente, vuoi che al semi sconosciuto Harleem non gliele avremmo suonate? Tutto il giorno lo trascorsì così, a pregustare la serata. Non mi ricordo cosa feci all’università, ma alle sei di sera ero già alla biglietteria dello stadio Luzhniki.
Alla partita ci si aspettava un bel tifo, perché ci sarebbero stati tutti i gruppi ultrà più attivi dello Spartak, se si possono chiamare così le bande di quartiere che c’erano in quegli anni. Non mi sbagliai: allo stadio il pubblico era composto solo da “fanaty” . Tutti i “sacchi” erano rimasti a casa, davanti alla tivù, spaventati dalla neve e dal tempo grigio. Allo stadio, come si seppe più tardi, c’erano 15 000 spettatori.
Partimmo con i miei compagni di corso, eravamo una quindicina, ed i biglietti li avevamo già comprati in anticipo, come sempre in curva, nel settore “B”. Con gli amici del mio quartiere invece eravamo d’accordo di vederci dopo la partita, di fronte al monumento a Lenin, per tornare tutti insieme (qualcuno aveva sparso la voce che i “kony” avevamo in mente qualche azione dopo la partita).
La prima sorpresa ci attendeva all’ingresso dello stadio. La curva, il settore B, era chiusa. Un uomo col megafono dava istruzioni, diceva che con i nostri biglietti si poteva accedere a tutti gli altri posti: o in tribuna “A”, o in tribuna “C”. Dopo una breve discussione decidemmo di andare in “C”.
Appena entrati nella “C” ecco la sorpresa numero due. Tutta la tribuna era coperta di neve e sopra i seggiolini si era formata una patina di ghiaccio. Sedersi, o anche solo stare in piedi su di essi era molto scomodo. Nonostante tutto trovammo un punto più o meno pulito, nella parte destra della tribuna. Ancora più a destra di noi, vicino alla curva “B” si erano sistemati gli ultrà più duri e puri. Da lì prese il via tutto.
Fin dall’inizio della partita i menty non ci lasciavano tifare. Gridavi ed arrivava da te uno di quegli omoni col cappotto. Come sempre di questi cappotti ce n’erano in abbondanza ai lati di ogni fila ed anche in basso, sui posti vuoti di fronte alle prime file occupate dai tifosi. Come dal dentista, tutto il tempo ci guardavano in bocca. Non solo, come se non bastasse il freddo che c’era, ci costringevano anche a sederci sul ghiaccio! Insomma, una situazione che non andava per niente bene.
Tentativi di far partire dei cori. Vani. Qualcuno viene portato via, a qualcun altro gli spaccano la faccia. Per un sventolio di bandiera ti “avvitano”. Per fortuna che all’epoca la polizia non aveva i manganelli. Tra una cosa e l’altra intere file vengono espulse dallo stadio. Gli eventi si susseguirono così in fretta, che non mi ricordo praticamente nulla dell’andamento della partita. Sugli spalti andava in scena un thriller parallelo e tutti gli occhi erano puntati al settore alla nostra destra.
Il momento X arrivo quando otto poliziotti portarono via trascinandolo per le gambe un ragazzino. Quella scena mi ricordò Auschwitz. Quel ragazzino si dimenava come una biscia, si aggrappava a tutto quello che poteva, ma le forze in campo erano dispari. Era ormai rimasto mezzo nudo, ma quelli continuavano a spingerlo a ginocchiate e con gli stivali. A quel punto esplose una disobbedienza di massa. Sopra i poliziotti atterrò la prima palla di neve, e subito, dal posto dove venne lanciata, si fiondò uno stormo di “vampiri” . Li accolse un fuoco di palle di neve e pezzi di ghiaccio. La frequenza fu tale che i poliziotti immediatamente si ritirarono: altro che vedere chi lanciava cosa, la loro prima preoccupazione era di rimanere interi. Intanto, vedendo che il “bombardamento” lanciato da quel settore si era concluso con una vittoria schiacciante, anche tutti gli altri settori iniziarono a focalizzare i loro bersagli.
Anche nella “A”, la tribuna centrale di fronte alla nostra, c’era un folto gruppo di rosso-bianchi ed anche loro, vedendo quello che stava succedendo, iniziarono a bersagliare i “tutori dell’ordine”. Per qualche minuto lo stadio si era trasformato in una gigantesca piazza d’Armi. Volava di tutto. Persino i cappelli dei poliziotti, colpiti dalle palle di neve.
Che cosa vuol dire prendersi una proiettile di ghiaccio in faccia, io l’ho provato sulla mia pelle. Un agente mi costrinse a sedermi, ma io mi rifiutai. Mi chiamo verso di lui, ma io rimasi al mio posto. Allora decise di venire a prendermi, scavalcando la fila sotto la mia, ed io feci lo stesso saltando nella fila sopra. In quel momento dall’alto gli altri iniziarono a “bombardare” l’agente, ma una di queste bombe di neve e ghiaccio anziché lui, colpì me, proprio sulla fronte. Qualche centimetro più in basso e sarei rimasto senza occhi. Subito dopo la fila si aprì e tutti quelli che erano a fianco a me si allontanarono ai lati, ed anch’io venni trascinato: in questo modo riuscii a evitare la cattura.
Come di consuetudine tutto questo avveniva sotto lo sguardo degli ispettori fermi sulla pista di atletica. Di solito uno di loro guardava con il binocolo (allora non c’erano le telecamere) ed a turno impartiva ordini agli agenti in tribuna. Oltre a loro, nell’antistadio ad ogni partita c’era anche un altro comandante incaricato dell’ordine pubblico. Con ogni probabilità fu lui ad intromettersi nel processo in corso, perché alla fine del primo tempo, all’unisono, tutti i menty abbandonarono gli spalti. A quel punto ci aspettavamo qualche trabocchetto dopo l’intervallo, diciamo una carica per liberare gli spalti. Ma non successe nulla. Anzi, nel secondo tempo il tifo divenne ancora più potente. Allora ci sembrò evidente che la “risposta” della polizia sarebbe arrivata alla fine della partita.
Io decisi di uscire un po’ prima. Dovevo andare in bagno (nell’intervallo e nel secondo tempo tutti si trattennero per paura che uscendo dagli spalti per andari in bagno i poliziotti li arrestassero). Stavo già uscendo quando Sergey Shvezov segnò il secondo gol. Tutti quelli che erano già fuori corsero indietro verso le tribune per esultare. Noi preferimmo rimanere ancora un po’ vicino all’uscita, a cantare. Mi ricordo che pensai “Dov’era finita tutta la polizia”?
Fischio Finale! In teoria la gente sarebbe dovuta uscire subito, ma quando io varcai il tunnel d’uscita dal settore sulle scale non vidi molta gente. Voleva dire che in teoria, c’era ancora qualche istante prezioso per poter uscire con calma. Invece successe l’opposto. Perché tutti vennero spinti a uscire nello stesso istante e dalla stessa, unica uscita? Pensavo che volessero lasciare chiusa l’uscita vicina dalla tribuna C per far poi defluire i tifosi olandesi, e nel frattempo indirizzare tutta la folla dall’altra parte. Le azioni di alcuni poliziotti chiaramente non coincidevano con il piano degli altri.
Con ogni probabilità avevano individuato i tifosi più volenti e volevano fermarli dopo la partita. Per questo avevano creato un corridoio speciale ed era chiaro, per come si erano sviluppati gli eventi nel corso della partita, quale fosse l’umore dei poliziotti.
La scala di uscita aveva due campate. Ma la gente venne costretta ad uscire da quella sinistra, una sola delle due. L’altra era occupata dai poliziotti. Le porte di uscita vennero socchiuse, lasciando soltanto uno spazio largo quanto il corpo di una persona. Al Luzhniki le porte di uscita erano a mò di serranda e scorrevano in orizzontale. Perciò potevano essere aperte o chiuse in fretta, con qualunque larghezza.
“Perché mai decisero di lasciare uno spazio così stretto?” – vi chiedete voi.
Oh, si chiama “Know-how”, oppure “operazione-filtro” – vi rispondo io!
Tutto questo serviva ad un solo scopo: individuare i tifosi più violenti, responsabili dei disordini sugli spalti, oppure acchiappare altra gente per la statistica, che i poliziotti rispettano in continuazione.
L’ora X scoccò quando la folla, dai settori più in alto della tribuna, iniziò a scendere verso il basso. Secondo me la gente aveva intuito il piano di “pesca” della polizia e tutti stavano vicini l’uno con l’altro. Forse anche per questo motivo sulle scale ci fu subito così tanta gente.
A causa del tappo e del cordone di filtraggio dei poliziotti, le prime file all’improvviso si fermarono…
Gli scalini erano pieni di neve e non c’era nessun appoggio. Una persona, anche senza nessuno intorno, avrebbe potuto cadere facilmente, figuriamoci quando da dietro continuavano a spingere. Spingere sempre di più. Alcuni caddero, altri vennero trascinati a lato dall’inerzia di quel movimento. I corrimano non ressero sotto il peso della gente e cedettero. Chi era lì cadde subito in quel vuoto che si era formato. Molti rimasero in bilico, stretti alla vita .
La massa di persone si muoveva molto lentamente, tanto era forte la pressione che veniva da dietro. Insieme alla folla si muovevano anche i corpi delle persone rimaste schiacciate. La gente era sempre di più e chi arrivava da dietro e non vedeva quello che succedeva davanti continuava spingere, sempre più forte. Qualcuno intanto cercava di farsi strada all’indietro, tra le schiene degli altri.
Io non riuscii a vedere quello che ho scritto sopra. Me lo hanno raccontato. Noi eravamo fuori, stavamo aspettando i nostri amici di fronte al monumento a Lenin. E poi all’improvviso vedemmo tutto ciò davanti ai nostri occhi…. Nella testa non mi riusciva a entrare l’immagine di quello che era successo sulle scale. Ero pietrificato. Da lontano sembrava che i tifosi si fossero presi per mano e per qualche motivo stavano seduti sugli scali. In quel momento mi sembrò che li avessero arrestati tutti e che da li a poco sarebbero arrivate le camionette e li avrebbero portati via. Più di tutto mi allarmo e mi spavento il fatto che non ci fosse nessun suono. Silenzio. Urlavano soltanto le persone che, da varie, parti correvano verso le scale. Sui volti dei poliziotti regnava lo smarrimento. Gli sbirri per primi erano rimasti stupiti da quello che avevano fatto.
A casa tornammo in silenzio. Non discutemmo neanche della partita. Si sparse la voce che anche i kony venuti a sapere dai loro scout di quello che era successo, annullarono tutte le azioni che avevano già progettato.
*
La mattina dopo alla fermata del pullman sentii il discorso che stavano facendo altri due uomini. Uno di loro diceva che era medico ed aveva appena fatto il turno di notte. Raccontava che al pronto soccorso avevano portato molti feriti dopo la partita. Almeno 15 ambulanze. Disse che erano morte 60 persone.
Quando arrivai all’università non si parlava d’altro. Harlem era sulla bocca di tutti. Sembrava che tutti fossero andato allo stadio la sera prima. Incontrai due compagni che si salvarono per miracolo. Avevano la nausea. Andammo insieme in infermeria, dopo di che, da li, li portarono direttamente in ospedale. Anche l’infermiera sapeva tutto. Ci disse, in segreto, che due studenti della nostra università erano morti ed altri erano ricoverati.
Mettendo insieme le testimonianze e i fatti, si può ipotizzare che i morti furono più di un centinaio. La cifra data dopo la tragedia – 66 – con ogni probabilità si riferisce solo al numero di chi morì direttamente allo stadio.
Nella stampa internazionale venne a più riprese dichiarata una cifra diversa sui morti nella tragedia durante la partita Spartak-Harlem: da 80 a 340. Le autorità sapevano al 100% quante erano le persone realmente decedute, perché all’epoca non era difficile controllare la statistica di quanti giovani morirono in quei giorni.
Sui giornali ci fu un solo trafiletto riguardante la tragedia, lo scrisse un giornalista di “Mosca sera”, che doveva essere un tipo particolarmente coraggioso. Le autorità avevano paura di ogni informazione che potesse filtrare su quello che era accaduto, di ogni forma di cordoglio. Il giorno dopo alla partita di hockey Spartak – Dinamo Riga costrinsero tutti gli spettatori a togliersi le sciarpe ed anche i nastrini neri che qualcuno aveva voluto apporre sul cappotto in segno di lutto.
Per i sette anni successivi alla tragedia, il 20 ottobre le porte di ingresso alla tribuna C rimasero chiuse. I parenti delle vittime e chi voleva apporre un fiore sul luogo della tragedia venne impossibilitato a farlo. La stele con i nomi dei tifosi dello Spartak morti al Luzhniki non ricevette il permesso per essere apposta sulle mura dello stadio. Soltanto dieci anni dopo l’accaduto, vicino allo stadio, venne costruito un monumento in memoria di “Tutti i Morti negli Stadi”.
Tradotto dall’originale, scritto da Oleg Ivanov.
Сommemorazioni della tragedia
– Partita tra Vecchie Glorie 2007 года
Il 20 ottobre 2007 lo stadio Luzhniki ha ospitato una partita in memoria delle vittime, disputata tra le vecchie glorie di Spartak e Harlem, dedicata al XXV anniversario della tragedia, in cui hanno preso parte alcuni dei giocatori in campo in quella sera, tra cui Rinat Dasaev, Sergey Rodyonov, Fyodor Cherenkov, Martin Haar, Pieter Ker
– “Coppa della Memoria”
Dal 2008 ogni anno si svolge il torneo di calcetto “Coppa della Memoria 20 Ottobre”, organizzato dal coordinamento dei gruppi ultras dello Spartak Mosca, “Fratria”. Il torneo vede ogni anno la partecipazione di 70-80 squadre di gruppi di tifosi dello Spartak e di altre squadre, provenienti da diverse città russe e anche dell’estero. Da tradizione, la squadra vincitrice del torneo disputa poi una partita con una selezione di vecchie glorie e staff tecnico dello Spartak Mosca. Nel 2017 alla Coppa della Memoria hanno preso parte 70 squadre. All’apertura del torneo presenzia una delegazione ufficiale dello Spartak Mosca, i parenti delle vittime ed anche rappresentanti di squadre di altri sport dello Spartak Mosca.
In 10 anni di storia al torneo “Coppa della Memoria” hanno preso parte squadre formate dai tifosi dei seguenti club:
– Torpedo (Moskva)
– Fakel (Voronezh)
– Rostov (Rostov-na-Donu)
– Baltika (Kaliningrad)
– Ural (Yekaterinburg)
– FK Nizhniy Novgorod
– Torpedo (Vladimir)
– FK Orel
– Khimki
– Tsrvena Zvezda (Belgrad, Serbia)
– Ventspils (Lituania)
– Yagelloniya (Belostok, Polonia)
– Dinamo (Dresda Germania)
– Gomel’ (Bielorussia)
– Chernomorets (Odessa, Ucraina)
– Metallist (Khar’kov, Ucraina)
– Deposizioni di fiori al monumento “Alle vittime di tutte le tragedie negli stadi”
Nel 1992 fuori dallo stadio Luzhniki è stato installato una monumento scultura dedicato “Alle vittime di tutte le tragedie negli stadi”, progettato dall’architetto Georgiy Lunacharskiy e realizzato dallo scultore Mikhail Skovorodkin.
Alla base della scultura vi è la scritta:
“Questo monumento è dedicato ai giovani morti il 20 ottobre 1982 dopo la partita tra la squadra dello Spartak Mosca e gli olandesi dell “Harlem”. Ricordatevi di Loro’
Ogni anno il 20 ottobre davanti al monumento sono centinaia i tifosi dello Spartake di altre squadre che depongo fiori, o intonano cori in memoria delle vittime. A sera, vengono accese 66 torce, a ricordo delle 66 vittime ufficiali. Anche una delegazione della squadra attuale dello Spartak, insieme a vecchie glorie e giocatori partecipanti a quella tragica partita da tradizione commemorano la memoria delle vittime
– Ricordo delle vittime durante le partite dello Spartak che cadon
In occasione della partita più vicina alla data della tragedia, la squadra dello Spartak Mosca scende in campo con il lutto al braccio, o con magliette che recano la scritta “RicordiamolI”.
Prima del fischio d’inizio viene osservato un minuto di silenzio.
Idee per il futuro
I tifosi dialogano con la dirigenza dello Spartak Mosca per proseguire il ricordo di questa tragedia.
Un passo ulteriore sarà l’installazione di un monumento ai caduti del 20 ottobre 1982 nel perimetro del nuovo stadio dello Spartak Mosca.
“Questa data è entrata per sempre nella storia e ne occupa una pagina nera, ma è pur sempre parte della nostra storia.
Il tempo passa, le persone vengono e vanno, ma la memoria vive in eterno. Siccome all’epoca questa tragedia non è stata indagata come si doveva ed i dettagli della stessa, come la quantità esatta di vittime e feriti non sono stati ancora stabiliti, noi tifosi dello “Spartak” vogliamo fare chiarezza su questi tragici eventi.
Per questo abbiamo intenzione di istituire una raccolta fondi e proseguire le ricerche, nel tentativo di arrivare alla verità che ci viene nascosta.
Questa non è una tragedia soltanto rossa e bianca, è una tragedia che riguarda tutto il mondo del calcio.
Meglio tardi che mai.
I puntini sulle “i” prima o poi dovranno essere messi al loro posto.”